La lana, una fibra naturale prodotta dal vello degli ovini, utilizzata da sempre per la produzione di indumenti e manufatti di ogni genere, è diventata purtroppo un vero problema per gli allevatori di pecore, soprattutto per gli allevatori di razze da carne e da latte.

La maggior parte della lana di pecora prodotta in Europa non trova, infatti, impiego nell’industria del tessile perchè costituita da fibre grossolane e, pertanto, poco appetibile per il mercato del tessile e dell’abbigliamento. La lana sucida (ossia la lana appena tosata e che deve ancora essere lavata) e non introdotta in una filiera produttiva, rientra nella lista dei rifiuti speciali (Commission Regulation (EU) N. 142/2011 Implementing Regulation (EC) N. 1069/2009) con tutto ciò che ne comporta in termini di costo per gli allevatori, impatti sull’ambiente e sulla sostenibilità. 

Ed è così che ogni anno in Italia, tonnellate di lana di pecora vengono smaltite in discarica come rifiuto speciale, bruciate o disperse nell’ambiente.

In una società sempre più orientata verso la sostenibilità, il riutilizzo e il reimpiego degli scarti, l’utilizzo di prodotti naturali ed ecosostenibili, sembra assurdo pensare che la lana di pecora nostrana continui a non trovare un impiego in una filiera dedicata, necessaria, peraltro, a favorire l’importante concetto di economia circolare per uno sviluppo più sostenibile.

Dalla lana smaltita in discarica si possono ricavare molteplici prodotti e manufatti che possono dare vita ad una filiera sostenibile e circolare.

In questa sezione verranno descritte la storia della lana in Toscana, le filiere della lana e del tessile, la descrizione delle razze ovine presenti sul territorio toscano, alcuni dei progetti di ricerca della FCS che si sono occupati del ripristino della filiera della lana ed alcuni esempi di recupero della lana di scarto da realtà locali che si stanno impegnando per rendere possibile la chiusura del cerchio… verso una filiera che rispetti l’ambiente secondo i principi dell’economia circolare.