Tornare a utilizzare le botti di castagno, fino a pochi decenni fa largamente impiegate nell’enologia toscana e italiana più in generale, e oggi sostituite da quelle in rovere francese, per l’affinamento dei vini moderni. È la scommessa di Luigi Cappellini, proprietario del Castello di Verrazzano, con il Chianti Classico Gran Selezione Valdonica 2015, un 100% Sangiovese affinato in botti di castagno dei boschi del Chianti, presentato oggi in anteprima a Firenze, all’Accademia dei Georgofili (dov’era presente, tra gli altri, del direttore dimissionario del Consorzio del Chianti Classico, Giuseppe Liberatore).
La scelta di tornare a usare botti di castagno, ha spiegato Cappellini, “rappresenta un segno di distinzione e di tradizione. Ci poniamo nelle condizioni di migliorare la piacevolezza dei prodotti e ultimo, ma non ultima, porli in relazione con la complessità della civiltà contadina, ormai quasi abbandonata, e legarli ai vari saperi e a tutte le altre specificità agricole della zona. Così – continua il proprietario di Castello di Verrazzano – abbiamo deciso di provare ad affidare l’invecchiamento di una parte della nostra produzione al contatto con questo legno che condiziona il gusto del vino e lo caratterizza fortemente. Perché si parla di vini a km 0 ma poi le botti arrivano da fuori, anche dall’estero. Abbiamo creduto così nelle potenzialità di un vino affinato nel castagno locale”.

L’idea di impiegare botti di castagno ha preso il via da un progetto, curato dall’Accademia dei Georgofili, nel quale si sottolineava come fino ai primi decenni del Novecento, il Chianti Classico veniva stoccato in botti di legno del territorio. Da qui il progetto di valorizzazione della produzione legnosa dei boschi del territorio (“Provaci”) svolto dalla Fondazione per il Clima e la Sostenibilità con il contributo dell’Ente Cassa di risparmio di Firenze e presentato all’Accademia dei Georgofili. Allora, venne evidenziato come i boschi di castagno e roverella dell’area del Chianti Classico (la superficie boschiva è di 48.000 ettari) possono produrre due milioni di tonnellate di legname derivante e, solo nel caso del castagno, da ogni ettaro possono essere ricavati 120 metri cubi di legname, una quantità significativa, che aumenterebbe di valore e allo stesso tempo favorirebbe uno sviluppo occupazionale legato alla produzione di queste attrezzature per le cantine.

Continua a leggere l’articolo

Grazie a WineNews.it